La “nostra” storia da 40 mila anni fa ai giorni nostri

Una storia generale della provincia di Belluno, dalle prime tracce di presenza umana, 40 mila anni da, fino al terzo millennio. Questa è “Belluno. Storia di una provincia dolomitica”, un’opera in 3 volumi, coedizione della Provincia e di Forum Editrice, per la quale insieme con Silvano Cavallet ho scritto il capitolo conclusivo: “Dall’Unità agli inizi del XXI secolo”.

Nella descrizione della transizione dal Risorgimento allo Stato unitario, che nel Veneto si perfezionò nel 1866 con la terza guerra d’Indipendenza, con l’eccezione nel Bellunese dell’area ladina di Cortina d’Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo, vale ancor oggi la sintesi tracciata dallo storico Gaetano Salvemini: «I governanti italiani, fra il 1860 e il 1870, si trovavano alle prese con formidabili difficoltà. (…) Fu compiuta un’opera ciclopica».

In questo quadro storico drammatico si innesta la vicenda della montagna bellunese: terra aspra e avara di risorse (a parte quelle naturali oggi finalmente sempre più importanti), dapprima sopraffatta dalla crisi economica di fine Ottocento e poi teatro degli avvenimenti bellici della Grande Guerra, con crescenti movimenti migratori in Italia e all’estero, che in profondità e per decenni hanno impoverito il tessuto sociale.

Insieme con l’emigrazione, va ricordata la nascita dell’industria idroelettrica che ha condizionato il territorio fino alla tragica catastrofe del Vajont.  Lo sviluppo locale ha trovato nel Cadore la culla dell’occhialeria, ma solo dopo gli anni Sessanta del secolo scorso si può parlare di decollo del settore produttivo, formato sia da piccole che da medio-grandi aziende.

Un passaggio cruciale della storia nazionale, l’avvento e la sconfitta del fascismo, ha visto la provincia di Belluno al centro di episodi e tensioni di particolare rilievo, di cui il movimento della Resistenza rappresenta una delle pagine più intense, fino alla nascita della Repubblica.

Ancor oggi il tema dell’identità nazionale, affermato nella Carta costituzionale e rinvigorito nell’impegno verso l’integrazione europea, rimane un nodo capitale, che va ben oltre confini territoriali, ideologici, culturali, di cui anche questa «microstoria» locale non vuole (né deve) essere il recinto chiuso, bensì  un punto di partenza verso una piena, responsabile, solidale cittadinanza attiva.

 

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