Se i monti si riprendono la scena (come comunità)

A cavallo fra il precedente decennio e quello appena iniziato, varie sollecitazioni – insieme con alcuni eventi istituzionali come le mozioni bi-partisan alla Camera dei deputati sulle aree interne, rurali e montane e l’ennesimo incontro degli “Stati generali della montagna” al ministero degli Affari regionali – portano in evidenza un rinnovato risveglio di attenzione per quella che un’efficace immagine dell’editore Donzelli qualifica come “l’Italia in verticale” (dall’arco alpino alla dorsale appenninica). 
Oltre a vedere come evolverà la prossima programmazione europea 2021-2027 («La montagna è come il mare e merita la massima rilevanza politica nelle politiche pubbliche e nella programmazione economica dell’Unione europea» ha dichiarato il ministro Francesco Boccia) resta da capire su quali leve conviene agire per far riprendere slancio al tema delle zone montane italiane e di un loro futuro un po’ meno ai margini della scena. Ci sono strumenti strategici e legislativi da mettere in campo, tuttavia c’è un primo, importantissimo, sforzo da compiere da parte dei territori interessati: quello di agire come comunità capaci di intrecciare i tanti fili che connotano le proprie molteplici identità.  La posta in palio è la costruzione di un capitale sociale ricco di coesione. Un’azione di Empowerment finalizzata a migliorare la qualità della vita e a generare la consapevolezza della direzione di marcia a cui rivolgersi.        

[pdf] I segni del più recente risveglio

 

 

 

 

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