La “mia” Europa? Quella di Francesco e di Mattarella

In occasione dei 70 anni della dichiarazione Schuman (9 maggio 1950), la pietra miliare su cui poggiano le fondamenta della costruzione europea, per lucidità e incisività spiccano le parole pronunciate da due grandi personalità di questo nostro tempo oltremodo tormentato: papa Francesco e il presidente Sergio Mattarella. Si tratta di parole che mi fanno provare ancora una volta quell’emozione che percorre la vita, «individuale e collettiva», di noi europeisti convinti, quando echi come questi risuonano.   
Di Francesco, ricordo il monito lanciato il giorno di Pasqua (con il quale apro un mio articolo sulle mosse che attendono l’Unione europea) e la preghiera nell’omelia mattutina da Casa Santa Marta di domenica 10 maggio, nella quale Francesco, richiamando Schuman (e la fine della guerra), ha invitato a  pregare proprio perché l’Europa «cresca unita, in questa unità di fratellanza che fa crescere tutti i popoli nell’unità nella diversità». Aggiungendo, dopo il “Regina Caeli”, l’auspicio che «lo spirito della dichiarazione Schuman non manchi di ispirare quanti hanno responsabilità nell’Unione Europea». Come dire: capi di Stato e di Governo tornate allo spirito delle origini anche con «soluzioni innovative» (sono parole sue del giorno di Pasqua). 
Di Mattarella, bastano poche righe, laddove avverte che «l’emergenza in corso non fa che confermare l’urgenza di rispondere alle istanze di cambiamento espresse dai cittadini europei, per sviluppare ancora di più il “fermento di una comunità più profonda”». Un’Europa sempre “più” comunità è anche l’appello lanciato, per questa storica ricorrenza, dalla Fondazione “Montagna e Europa” di Belluno, di cui faccio parte e che ripropongo da questo blog. 

 

 

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