Grazie, Presidente, per l’attenzione alle genti di montagna

Nel memorabile discorso pronunciato in Parlamento inaugurando, giovedì 3 febbraio, il suo nuovo settennato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è riuscito ad esprimere anche una straordinaria sollecitazione – e dunque un riconoscimento significativo – nei riguardi delle «comunità montane», espressione sicuramente più pregnante di quella, oggi di moda, di “terre alte”, concetto senza senso antropologico,  che pertanto io detesto.

Riferendosi all’agenda a cui provvedere, il Capo dello Stato ha così strutturato il suo appello:  «L’impresa alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno. Forze politiche e sociali, istituzioni locali e centrali, imprese e sindacati, amministrazione pubblica e libere professioni, giovani e anziani, città e zone interne, COMUNITÀ insulari e MONTANE».

Grazie, Presidente Mattarella: grazie per questo «richiamo» alla società civile, grazie per il suo spirito di servizio al Paese, frutto – io credo – anche di quella cultura politica di matrice cattolico-democratica, nella quale con orgoglio, come Lei, mi riconosco, e che sulle relazioni comunitarie affonda molte radici. Il termine latino communitas deriva da cum-munus: il munus  rimanda a un dovere, a un debito-da-assolvere, a un dono-da-dare, tutto ciò che si ritrova nel Dna delle genti di montagna. 

[pdf] Il senso del dovere Mattarella I e II     

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