Unioni montane: il Veneto scommette sui monti

Il Consiglio regionale del Veneto, mercoledì 19 settembre, ha approvato la legge in materia di esercizio associato delle funzioni nei Comuni montani.  Si tratta della legge regionale n. 40/2012. Le nuove Unioni montane sono destinate a succedere, senza soluzione di continuità, alle attuali Comunità montane, fatta salva la possibilità di recedervi da parte dei Comuni con popolazione superiore a 5 mila abitanti,  non  obbligati all’esercizio associato, e comunque di rideterminare l’ambito territoriale di riferimento su proposta di Comuni interessati. C’è infatti, soprattutto fuori della provincia di Belluno, chi teme ambiti territoriali oggi troppo vasti per l’esercizio di funzioni comunali.
Il mio commento è positivo, tranne per un punto. Viene istituito, è vero, il Consiglio delle autonomie montane, ma in modo diverso rispetto alla proposta originaria avanzata dal «Libro bianco sulla montagna veneta». A questo tavolo concertativo e consultivo, non  è riconosciuta infatti  la funzione essenziale di poter essere anche «organo di raccordo» fra gli enti locali della montagna. E non è una differenza da poco…
Aggiungo che la nuova legge regionale precisa che ogni riferimento nella vigente normativa al termine «Comunità montana» s’intende esteso all’«Unione montana». Perciò, considerato che sopravvive il titolo III (Funzioni amministrative) della L.R. 19/1992, il Veneto ha tutti i presupposti per far esercitare alle neonate Unioni «anche le specifiche competenze di tutela e di promozione della montagna attribuite in attuazione dell’articolo 44, secondo comma, delle Costituzione e delle leggi in favore dei territori
montani» prefigurate dal nuovo articolo 32 del Testo unico sugli enti locali.

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