Grazie, Presidente, per l’attenzione alle genti di montagna

Nel memorabile discorso pronunciato in Parlamento inaugurando, giovedì 3 febbraio, il suo nuovo settennato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è riuscito ad esprimere anche una straordinaria sollecitazione – e dunque un riconoscimento significativo – nei riguardi delle «comunità montane», espressione sicuramente più pregnante di quella, oggi di moda, di “terre alte”, concetto senza senso antropologico,  che pertanto io detesto.

Riferendosi all’agenda a cui provvedere, il Capo dello Stato ha così strutturato il suo appello:  «L’impresa alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno. Forze politiche e sociali, istituzioni locali e centrali, imprese e sindacati, amministrazione pubblica e libere professioni, giovani e anziani, città e zone interne, COMUNITÀ insulari e MONTANE».

Grazie, Presidente Mattarella: grazie per questo «richiamo» alla società civile, grazie per il suo spirito di servizio al Paese, frutto – io credo – anche di quella cultura politica di matrice cattolico-democratica, nella quale con orgoglio, come Lei, mi riconosco, e che sulle relazioni comunitarie affonda molte radici. Il termine latino communitas deriva da cum-munus: il munus  rimanda a un dovere, a un debito-da-assolvere, a un dono-da-dare, tutto ciò che si ritrova nel Dna delle genti di montagna. 

[pdf] Il senso del dovere Mattarella I e II     

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La “grandezza” di Rigoni Stern, il “francobollo” di Luca Zaia

Oggi con profonda venerazione  celebriamo il  100° della nascita di Mario Rigoni Stern (1 novembre 1921 – 16 giugno 2008): scrittore illustre, personaggio straordinario, interprete autentico della civiltà della montagna, la cui amicizia e frequentazione per anni ho avuto l’onore di  apprezzare arricchendomene intensamente. Al di là della mia professione giornalistica, in questo rapporto “diretto” con lui devo tutto (o quasi) alla sensibilità del compianto Checo De Luca (eminente cittadino  di Belluno con la sua Sala di cultura a Borgo Pra) e all’iniziativa di Walter Pilotto (punto di riferimento dell’editoria bellunese e della cultura feltrina), i quali – entrambi – mi hanno “aiutato” a conoscere da vicino Rigoni Stern, che già attraverso  i figli miei coetanei  avevo avuto modo di avvicinare in punta di piedi (e di penna se così si può dire).

Ricordo quindici anni fa di essere stato suo ospite ad Asiago in occasione degli 85 anni. Ricordo le sue parole, sempre affettuose e ricche di futuro, relativamente al ruolo rilevante delle Comunità montane  in quanto enti di autogoverno dei territori montani. Ricordo le sollecitazioni di autorevoli personalità volte a farlo nominare senatore a vita e ad insignirlo del premio Nobel della letteratura. Ahimé senza successo. 

Ricordo questi “flash” di vita vissuta, e con estrema delusione registro le parole del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, il quale (comunicato stampa n. 1982) così commenta il  100° della nascita di Rigoni Stern:   “Plaudo – dichiara Zaia – alla decisione di Poste Italiane di dedicargli un francobollo”!!! Poveri  noi veneti (d’accordo che Mario R.S. faceva parte della giuria del premio internazionale di filatelia che si tiene  ogni anno sull’Altopiano…). Ma un francobollo, soltanto?

Grande onore, allora, allo scrittore e alle sue poliedriche testimonianze, non solo di carattere letterario che gli studiosi stanno scandagliando. A me che (per il mio “Vivere in quota” e il periodico “Comunità montana”) gli chiedevo “Ghe rivarem a baita?” così Rigoni Stern rispondeva:

«La montagna è la mia terra, la mia vita. Ma – dalla Francia alla Svizzera e anche in Austria e in Italia – no, non vedo una cultura alpina in estinzione. Parlo della coltivazione della montagna, della vita in montagna, non dei fine settimana nella seconda casa o nei “residence”, ma di chi va in malga, nel bosco, di chi lavora sulle strade, delle guide alpine o dei maestri di sci».

– Lei, Rigoni Stern, manifesta ottimismo, ma a Roma si parla di semplificare, razionalizzare gli assetti amministrativi della montagna.

«Sarebbe un grande errore! I piccoli Comuni, le Comunità montane sono presidi della montagna. Non sono mica disponibili, i presidi della montagna. È la presenza dei montanari che fa vivere la montagna. Questo, nella mia vita, l’ho riscontrato visitando tutte le Alpi, dal Colle di Tenda ai confini con la Slovenia. Dove la gente rimane, la montagna vive. Dove la gente va via, la montagna muore. E questo è un pericolo per chi vive in pianura. Non lo si dimentichi: la montagna abbandonata provoca catastrofi…».

Una lezione a tutto tondo. Grazie, mille grazie, Mario Rigoni Stern. Come sempre, lei «sapeva di cosa stava parlando»! (Gian Antonio Stella, “Corriere della Sera” 29.10.2021).  

https://www.doppiozero.com/materiali/dieci-ragioni-leggere-mario-rigoni-stern

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L’avvio del PNRR e una felice coincidenza

Dunque, con il bonifico di 24,9 miliardi da parte dell’Unione europea,                    il Piano nazionale  di ripresa e resilienza (PNNR) può muovere i primi passi concreti.  

Mi fa piacere incorniciare quest’importante notizia nel contesto dei dieci anni di vita di questo sito nato nell’agosto 2011. Una felice coincidenza che mi sembra meritevole di essere sottolineata.  

Una coincidenza che mi impegna a seguire da vicino gli sviluppi del PNRR da qui al 2026, in particolare sul tavolo degli interventi di maggiore impatto per le zone montane. Il PNRR rappresenta una grande opportunità per l’Italia, i suoi cittadini, le sue imprese, i suoi territori. Tutte le istituzioni devono ora cooperare per il proficuo utilizzo delle risorse del Piano a beneficio delle generazioni future. «Lasciare in eredità un Paese migliore»: questo è l’impegno che il Governo intende portare avanti e che il ministro dell’Economia Daniele Franco ha voluto ribadire nel suo comunicato stampa con il quale ha annunciato l’arrivo da Bruxelles dell’atteso prefinanziamento di 24,9 miliardi. 

Qui di seguito, insieme con il link al sito ufficiale di “Italia domani” (così il nostro Piano nazionale si chiama), ecco una mia sintesi giornalistica del PNNR in 5 puntate. Focus sui suoi contenuti, sui suoi processi decisionali (dal centro alla periferia), sulle sue più auspicabili ricadute. Per diventare, appunto «un Paese migliore».  

[pdf] Il PNRR in 5 pillole  

 

 

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I 75 anni della Repubblica: il patto di cittadinanza si rinnova

La Repubblica compie 75 anni,  e il patto di cittadinanza, che attraverso la Costituzione essa sottende,  si consolida. Anzi – dopo l’esperienza della pandemia – in qualche misura si rinnova. Una data fondante, il 2 giugno 1946, da cui si dipanano una storia, una identità, un «bene comune»  prezioso, i cui valori sono più che mai attuali e meritevoli di essere testimoniati. 

Come ha sottolineato il presidente Sergio Mattarella in un testo scritto per “Famiglia Cristiana”, «il passaggio alla Repubblica favorì una crescente coesione, rese la società civile e le sue energie sociali, morali, culturali, protagoniste e decisive anche nei tornanti più difficili e insidiosi della nostra storia recente».   

Ecco un “flash” su come, in provincia di Belluno, venne vissuta la scelta fra Monarchia e Repubblica: «Nonostante le pesanti condizioni economiche avessero, di fatto, già provocato la ripresa del fenomeno migratorio», scrivo con Silvano Cavallet nel volume “Belluno. Storia di una provincia dolomitica” (Forum Editrice) a cura di Paolo Conte,    «la partecipazione dei Bellunesi al referendum fu molto elevata: alle urne si recò, infatti, oltre l’85 per cento degli aventi diritto. Il risultato fu quasi un plebiscitario, con percentuali superiori alla media regionale: 74.424 voti per la Repubblica, 45.529 per la Monarchia. A livello territoriale, la vittoria della Repubblica fu sancita in 57 Comuni bellunesi».

Un inizio, che non si può non riportare al centro della riflessione d’oggi. In una prospettiva sia nazionale che europea. 

 

 

 

 

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Che bello se l’Europa dice «I care» e ne fa il suo motto

«A pochi chilometri da Firenze, c’è un piccolo borgo chiamato Barbiana. E su una collina a Barbiana, c’è una piccola scuola di campagna. Negli anni ’60 un giovane insegnante, don Lorenzo Milani, scrisse su un muro di quella scuola due semplici parole, in inglese: “I care”. Disse ai suoi studenti che quelle erano le due parole più importanti che dovevano imparare. “Mi interessa”:  significa che mi assumo la responsabilità. E quest’anno, milioni di europei hanno detto “Ci tengo” alle loro azioni. Si sono offerti volontari. Hanno aiutato un vicino bisognoso. O semplicemente, hanno indossato una maschera per proteggere le persone intorno a loro. In quest’anno di pandemia – e oltre – questo deve essere anche il motto dell’Europa: mi interessa, ci interessa.  Ci prendiamo cura dei più deboli tra noi. Ci prendiamo cura dei nostri vicini. Ci prendiamo cura del nostro pianeta. Ci prendiamo cura delle generazioni future. Questo è il motivo per cui domenica, in occasione della Giornata dell’Europa, lanceremo ufficialmente la Conferenza sul futuro dell’Europa. Gli anni a venire saranno ancora una volta un periodo determinante per la nostra Unione europea, il prossimo Rinascimento europeo. E il risultato della Conferenza sarà buono quanto le idee e le visioni di persone come te».

Parole, queste, della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al corso “The State of the Union”, appuntamento annuale dell’Istituto universitario europeo di Firenze, alla vigilia dell’avvio, domenica 9 maggio, della Conferenza sul futuro dell’Europa, per la quale con la Fondazione “Montagna e Europa” Arnaldo Colleselli ho formulato una specifica proposta di lavoro imperniata su una Agorà tematica per le montagne europee. 

[pdf] Gazzettino – Un’agorà delle montagne europee

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